“Quando si scoprì che l’informazione era un affare, la verità smise di essere importante.” – Ryszard Kapuściński”

La storia di Lia, che lotta contro la malattia invisibile

Lia è una donna coraggiosa che lotta ogni giorno contro la malattia della figlia: una malattia rara non diagnosticata con certezza 

di Serena Marotta e Fabio Gagliano

“Per diversi anni non ho potuto abbracciare mia figlia”. Inizia così l’intervista a Lia, una mamma coraggiosa, che deve lottare ogni giorno contro un destino beffardo che ha segnato sua figlia, una giovane studentessa in psicologia, affetta da una malattia rara non diagnosticata con certezza.

Una lotta contro la burocrazia, le cure spesso a pagamento e una corsa contro al tempo per cercare di attenuare i disturbi quotidiani che affliggono sua figlia (e lei). Non ha potuto abbracciarla per anni a causa dei dolori che la giovane accusa. Costrette, mamma e figlia, a viaggiare per l’Italia in cerca di una soluzione che non arriva, almeno non ancora. Perché le malattie rare rappresentano un insieme di patologie che, per la loro bassa incidenza, spesso sfuggono alla diagnosi tempestiva e accurata.

La mancanza di una diagnosi chiara non solo complica il percorso terapeutico, ma genera anche un profondo impatto emotivo e sociale sui pazienti e le loro famiglie. Sono malattie che colpiscono un numero limitato di persone. Tuttavia, la loro diversità e la complessità dei sintomi rendono difficile la definizione di un quadro clinico univoco. In molti casi, i sintomi possono sovrapporsi a quelli di condizioni più comuni, portando a errori diagnostici o a lunghi periodi di incertezza.

Questa ambiguità spesso costringe i pazienti a sottoporsi a numerosi esami, consulti specialistici e, purtroppo, a decenni di attesa prima di ottenere una diagnosi definitiva. L’incertezza diagnostica ha ripercussioni ben oltre il piano medico.

Succede così sovente che i pazienti affetti da malattie rare non diagnosticate vivono quotidianamente con l’ansia e la frustrazione di non conoscere la causa dei loro disturbi. Questa condizione porta spesso a un isolamento sociale, in quanto la mancanza di una diagnosi chiara può far sentire i pazienti incompresi non solo dalla società, ma anche dal sistema sanitario. Inoltre, l’impossibilità di accedere a trattamenti mirati può esacerbare il deterioramento della qualità della vita.

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Non è certo semplice fare ricerca e in particolar modo dare il via a uno studio clinico sulle malattie rare. Per capire meglio questo concetto è necessario dare correttamente la definizione di malattia rara: per la Commissione Europea sono “rare” le malattie che interessano 1 persona su 2.000. E se a prima vista questi numeri possono sembrare bassi, non bisogna dimenticare che la lista delle malattie rare è molto lunga e comprende 6.000-8.000 patologie per un totale, nella sola Unione Europea, di 36 milioni di persone affette. Nell’80% dei casi si tratta di malattie genetiche e, nonostante i grandi progressi della ricerca, per oltre il 90% di esse non esiste ancora una terapia approvata.

Quindi siamo di fronte a patologie poco diffuse, che si presentano in popolazioni di pazienti molto eterogenee, distribuite su un territorio molto vasto e anche per questo sono difficili da arruolare in uno studio con un numero statisticamente significativo per ogni tipo di malattia rara. Quindi abbiamo molti malati ma divisi tra un numero enorme di diverse patologie.

Le ultime stime di Monitorare presentate nel Rapporto annuale sulla condizione delle persone con malattia rara, collocano fra i 2,2 e i 3,5 milioni di persone la popolazione italiana affetta da malattia rara. Un dato che deve fare riflettere perché una malattia può essere rara, ma le malattie rare, nel loro insieme, non sono affatto rare. Per fare un raffronto, dai dati raccolti è emerso che i pazienti con asma bronchiale attualmente seguiti nei centri italiani sono 1255, con una prevalenza stimata di 2,12 soggetti colpiti ogni 100.000 (secondo una stima dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma del 2022).

E, se la ricerca e gli studi clinici sono di difficile attuazione, ancora peggio ci troviamo per quanto riguarda le terapie. E infatti qui si apre il capitolo delle terapie orfane.

Abbiamo già accennato al fatto che per molte malattie rare, sia la diagnosi che il trattamento, possono essere difficoltosi a causa dello scarso livello di conoscenza medico-scientifico, ma a ciò si aggiunge il poco interesse delle case farmaceutiche nella ricerca e produzione di farmaci utilizzabili da pochi clienti. Per tali motivi si parla di farmaco orfano, cioè di farmaco utile alla terapia di una malattia rara, ma non prodotto per cause commerciali.

Tuttavia, in alcuni casi e per patologie particolarmente gravi, l’attività di sensibilizzazione da parte dei pazienti ha prodotto risultati significativi. In alcuni paesi, sono sorte iniziative volte a incentivare le case farmaceutiche e gli istituti di ricerca nella messa a punto di prodotti o soluzioni specifiche. Stati Uniti, Australia, Giappone e Unione Europea hanno adottato legislazioni che favoriscono con agevolazioni fiscali e commerciali la creazione di medicinali orfani. In Europa, il Regolamento europeo 141/2000/CE ha avviato interventi atti a ridurre il disagio dei malati rari e aumentare la disponibilità di ausili farmacologici, diagnostici e tecnici per migliorare la qualità della vita. L’applicazione del regolamento è progredita diversamente in qualità e quantità nei paesi membri.

Ma l’attenzione legislativa e amministrativa per le malattie rare è relativamente recente. Il trattamento di una malattia rara, quando possibile, ha un costo per paziente molto più elevato rispetto a quello di una malattia comune e tende quindi a non essere inserito tra le priorità, a meno che la gravità della patologia o l’attivismo dei pazienti non la porti all’attenzione.

Per tornare alla nostra giovane paziente, l’esame delle condizioni cliniche farebbe protendere la diagnosi per una sindrome di Ehlers-Danlos (EDS). Ma in realtà questo tipo di diagnosi comprende un vasto gruppo di patologie ereditarie del tessuto connettivo che si presentano con una fragilità variabile della cute, dei tessuti molli e di alcuni organi interni, con possibili complicazioni significative, in particolare rottura arteriosa, perforazione intestinale e difficoltà articolari. Attualmente, sono stati proposti 14 sottotipi di EDS, ma non tutti presentano un’eziologia genetica ancora identificata.

 

 


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